In vista delle prossime elezioni politiche nazionali tutte le Associazioni Venatorie riconosciute, recentemente riunite (insieme al Comitato Nazionale Caccia e Natura) in quella che è stata ribattezzata la “Cabina di regia unitaria del mondo venatorio – Caccia, Ambiente, Ruralità”, hanno diffuso un Manifesto per l’Italia, il paesaggio, l’ambiente e la ruralità.
Ambiente, agricoltura, paesaggio, sono valori imprescindibili perché il percorso continui con determinazione e l’economia “verde” non sia uno slogan, ma una realtà da realizzare.
I beni comuni sono un patrimonio della collettività da preservare e valorizzare. La civiltà di questo Paese si riconosce anche dal valore dato alla fauna selvatica, proprietà indisponibile dello Stato.
La biodiversità, la sua ricchezza, sono un bene degli italiani che la politica, nel suo ruolo di governo della cosa pubblica, deve obbligatoriamente gestire nell’interesse dell’intera collettività ed in particolare di quello delle future generazioni.
Cementificazione, abusivismo, speculazione edilizia, inquinamento, dissesto idrogeologico, sono i veri nemici della natura, della vita di donne, uomini e animali, della flora, della straordinaria biodiversità di specie selvatiche conservate grazie agli agricoltori e ad una responsabile gestione della caccia. Quest’ultima può concorrere ad arricchire tali valori con un ruolo riconosciuto in tutta Europa e nel resto del mondo, a condizione di essere liberata da lacciuoli burocratici di ogni tipo e dagli ipocriti e strumentali attacchi cui è fatta oggetto.
Lo sviluppo dell’agricoltura di qualità legato alla tradizione e supportato dalle nuove tecnologie, il recupero delle aree marginali, sono una parte fondamentale della strategia di ripresa duratura dell’economia e del lavoro, anche giovanile.
L’ambiente – bene pubblico non cedibile – di questo Paese non può fare a meno di una governance sociale della fauna selvatica nell’interesse di quanti sono soggetti attivi della ruralità. La buona agricoltura non può fare a meno dell’attività venatoria, dei cacciatori al “servizio” della gestione delle specie selvatiche nelle campagne e nei boschi della nostra penisola.
La distorsione della realtà e dei ruoli, la manipolazione animalista integralista di cui sono portatrici alcune Associazioni che hanno nella lotta alla caccia la loro unica finalità da perseguire, non sono come si vorrebbe far credere un segno di civiltà, ma un grave problema per il Paese, oggi e per il suo futuro.
Le Associazioni Venatorie Nazionali Riconosciute (ANLC, ANUUMigratoristi, ARCI Caccia, Enalcaccia, Ente Produttori Selvaggina, Federazione Italiana della Caccia, Italcaccia), rappresentanti sostanzialmente l’intera totalità delle centinaia di migliaia di praticanti la caccia in Italia, e il Comitato Nazionale Caccia e Natura (CNCN), riunite nella “Cabina di regia unitaria del mondo venatorio – Caccia, Ambiente, Ruralità” scendono in campo nell’interesse dell’Italia affinché la politica corregga attraverso una visione laica e non ideologica questa distorsione, recuperi un ruolo attivo e non si sottragga ai suoi doveri di rappresentanza degli interessi dell’intera collettività.
L’attività venatoria coinvolge migliaia e migliaia di donne e uomini impegnati nelle campagne, nella gestione diretta di governo della fauna, nel controllo delle aree protette, nella vigilanza antibracconaggio.
Studi recenti dell’Università di Urbino indicano in oltre mezzo punto percentuale di PIL solo la parte di economia produttiva diretta che ruota attorno alle attività di gestione faunistica, un settore che crea lavoro e occupazione.
Credere nel futuro significa investire e non vietare o negare, tipico di una cultura integralista, ormai superata ed incapace di produrre utili risultati.
Nel rispetto degli orientamenti scientifici, conformemente alla legislazione europea applicata in Italia, chiediamo alle forze politiche di non prestarsi, nella speranza di una “caccia al voto”, ad un’azione di incivile e ignorante aggressione di questa realtà che già l’elettorato ha più volte bocciato con il voto popolare.
La legislazione italiana tutela – e convintamente – il benessere animale grazie a una normativa voluta e sostenuta dal mondo venatorio italiano. L’integralismo animalista di gruppi ristretti e comunque minoritari impedisce al popolo italiano di difendere i territori agricoli e la stessa vita umana dalla presenza di specie in sovrannumero per cause che vanno ricercate nelle modificazioni ambientali e climatiche e nella mancanza di una seria governance. Cause che, strumentalmente, si evita di affrontare per cercare capri espiatori con attribuzioni ideologiche, false e di comodo.
La “caccia” è tradizione, cultura, attività sociale, produttiva di ambiente, di vita, di fauna selvatica. I cacciatori, fortemente radicati in tutto il territorio agro silvo pastorale, sono impegnati attraverso i propri organismi ad agire per il bene comune sia nella conduzione, nella tutela e nella valorizzazione del territorio a caccia programmata – il 70% della superficie italiana – sia attraverso gli istituti privati, a loro volta fonte di economia e gestione ambientale.
La nostra richiesta è che questa realtà oggettiva trovi riconoscimento nei programmi delle coalizioni per il futuro impegno legislativo di Parlamento e Governo, anche ripristinando condizioni di pari diritto di ascolto e confronto delle Associazioni Venatorie Nazionali Riconosciute dalla legge, superando il discrimine accolto dalla “politica nazionale” accettando l’atteggiamento integralista che fa comodo a un animalismo che teme il confronto e che, lo ripetiamo, concretizza la sua ragione di esistere sostanzialmente nella lotta alla caccia.
Nel lavoro di sensibilizzazione in essere per un voto consapevole ed informato degli italiani, valuteremo i programmi delle coalizioni per i contenuti su questi temi che, auspichiamo, non contraddittori, come invece ad oggi si rappresentano.
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