Una associazione sportiva dilettantistica Ente del Terzo settore può utilizzare i compensi sportivi?
La domanda è una delle più gettonate in queste settimane, tanto che sono numerosi i professionisti operanti nel terzo settore ad aver espresso dei dubbi rispetto a questa possibilità facendo leva sulla circostanza che il Codice del Terzo settore indica espressamente solo la figura del volontario, al quale non può essere riconosciuto alcun rimborso spese forfettario (ex art. 17 del CTS), ed il lavoratore.
Con riferimento ai lavoratori, l’articolo 16 del CTS prevede che debba essere loro riconosciuto “un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In ogni caso, in ciascun ente del Terzo settore, la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto uno a otto, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda. Gli enti del Terzo settore danno conto del rispetto di tale parametro nel proprio bilancio sociale o, in mancanza, nella relazione di cui all’articolo 13, comma 1”; ritenendo pertanto incompatibile l’istituto del compenso sportivo in quanto non garantisce sicuramente un trattamento normativo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo per i dipendenti.
Tale condizione però non si verifica neppure nel caso di ricorso a collaborazioni di lavoro autonomo occasionale, professionale o parasubordinata per cui si ritiene che in realtà la norma sia tesa a garantire che per i dipendenti gli standard minimi siano quelli fissati dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. Non si può infatti ritenere che la norma sia tesa ad escludere – in capo agli Enti del Terzo settore – la possibilità di instaurare collaborazioni con lavoratori autonomi.
Detta disposizione trova inoltre un antecedente nell’articolo 7, comma 4, del D.L. 248/2007 ai sensi del quale “Fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria”; Si attendono in ogni caso gli opportuni chiarimenti ministeriali
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