Compensi economici al Presidente di un’Associazione: vediamoci chiaro
L’apertura di un’associazione sportiva dilettantistica spesso porta con sé una serie di dubbi, che devono essere prontamente chiariti onde evitare spiacevoli sanzioni pecuniarie e, in alcuni casi, penali.
Una delle domande più frequenti di natura economica riguarda il compenso di coloro che ricoprono importanti cariche sociali all’interno dell’associazione.
È corretto erogare compensi economici al Presidente di un’Associazione? Quali sono i rischi cui può andare incontro? Il problema dei compensi erogati al Presidente è correlato al rischio di commettere un reato, omettendo il rispetto di un importante requisito: il divieto di distribuzioni di utili.
Ricordiamo che tale divieto riguarda tutte le associazioni no profit. Nel caso di società e associazioni sportive dilettantistiche, il riferimento legale di riferimento è rappresentato dall’art. 90, comma 18, della L. 289/2002.
Il riferimento normativo comprende le regole base che stabiliscono il divieto di distribuzione di utili, nonché le condizioni che disciplinano l’assenza di fini di lucro. In particolare la lettera D ribadisce l’obbligo di dichiarare l‘assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi dell’attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette.
Ricordiamo che tale obbligo riguarda non solo le ASD, ma anche gli Enti del Terzo Settore, le Associazioni di Promozione Sociale (L. 383/2000), le Organizzazioni di Volontariato (L. 266/1991) e le Onlus (Dlgs 460/197).
In sintesi qualora il presidente o un altro membro dell’organo direttivo ricevesse un compenso per ricoprire la sua carica, rischierebbe di convertire la propria associazione in una società a scopo di lucro, ovvero si trasformerebbe in qualcosa di completamente diverso. Come se non bastasse, così facendo l’associazione rischierebbe di essere segnalata dalle autorità competenti come la Guardia di Finanza, con conseguenze che spaziano dal disconoscimento delle agevolazioni al recupero delle somme incassate.
Tuttavia è necessario considerare un secondo riferimento legislativo relativo alla questione dei compensi, il DLgs 460/1997. Il decreto ha il compito di regolamentare la distribuzione diretta o indiretta di utili; se la prima è vietata per legge, nel secondo caso la legge consente di corrispondere uno stipendio annuo a coloro che fanno parte del consiglio direttivo, incluso il Presidente dell’associazione.
A differenza delle imprese con fini di lucro, nel caso degli Enti di natura non commerciale è scorretto parlare di Utile e Perdita ma di Avanzo e Disavanzo di gestione.
Stando a quanto riportato dal decreto legislativo, il Presidente può quindi percepire un compenso proveniente dalle attività dell’associazione come avviene nel caso di soci e tesserati, come ribadito dagli articoli 67 e 69 del TUIR che hanno lo scopo di regolamentare non solo le ASD, ma anche le associazioni di bande, cori musicali e filodrammatiche.
La possibilità di erogare compensi economici al Presidente di un’Associazione deve essere chiarita formalmente
Attenzione, però, perché l’eventualità di corrispondere un compenso al presidente deve essere chiaramente specificata in fase di elaborazione dello statuto. Superata tale fase, il presidente potrà ricevere un compenso per tutte le attività che riguardano premi e compensi strettamente collegati all’attività sportiva (ad esempio operando come formatore o istruttore sportivo), indennità di trasferta e di carica. Il compenso può essere erogato come redditi diversi (fino al concorrimento complessivo dei 10.000 euro all’anno) o come prestazione occasionale, nel secondo caso rispettando alcune misure tra cui: ritenuta d’acconto del 20% da parte dell’associazione, percependo compensi per attività che non superano i 30 giorni solari e senza superare il tetto dei 5.000 euro annui.
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