Principio di cassa e principio di competenza: guida completa. Anche se siete delle associazioni o degli enti del terzo settore le tasse e il pagamento delle tasse sono argomenti sempre attuali. Pagare le tasse è uno dei doveri più importanti nella vita di un cittadino e nell’attività di un’associazione.
Pagare le tasse e conoscere il principio di cassa e il principio di competenza sono nozioni che qualunque tesoriere di un’associazione dovrebbe conoscere. Guida completa.
Pagare le tasse e sapersi destreggiare tra principio di cassa e principio di competenza è di fondamentale importanza nella vita di un’associazione sportiva o culturale o di volontariato.
Principio di cassa e principio di competenza.
Per registrare le entrate e le uscite caratterizzanti la vita di un’associazione è necessario per prima cosa fare chiarezza sulle due modalità da utilizzare per registrare i flussi di cassa. Principio di cassa e il principio di competenza.
Il principio di competenza economica.
Il principio contabile afferma che il criterio di competenza, è la tecnica di rilevazione più adatta per fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimonialefinanziaria e di quella economica degli enti non profit.
Tale criterio, com’è noto, prevede che i proventi e gli oneri devono essere rilevati con riferimento all’esercizio in cui le operazioni di gestione da cui originano hanno avuto giustificazione economica e la dinamica finanziaria non rileva (cosiddetta correlazione economica).
Peraltro, il criterio di competenza economica applicato agli enti non profit, viene inteso in una connotazione più ampia rispetto all’applicazione alle imprese lucrative, come di seguito illustrato.
Il criterio della competenza economica, prevede che laddove siano ravvisabili prestazioni sinallagmatiche (scambio di reciproci adempimenti), i costi di competenza devono essere identificati in funzione della loro correlazione con i ricavi conseguiti nell’esercizio.
Nel caso di assenza di tale correlazione con ricavi immediati o mediati, la competenza economica dei costi va individuata non in relazione ai ricavi bensì in relazione ad altri riferimenti, ovverosia:
- quando il processo produttivo di beni o servizi è completo;
- quando l’erogazione è avvenuta (è avvenuto il passaggio sostanziale e non formale di beni e servizi).
La partecipazione del costo al processo produttivo si realizza:
- quando i costi sostenuti riguardano fattori che hanno la loro utilità nell’esercizio e non sia ravvisabile una loro futura utilità;
- sulla base di assunzioni del flusso di costi (Fifo, Lifo, medio ponderato);
- in mancanza di una più diretta associazione, per ripartizione della loro utilità pluriennale (ammortamento);
- quando viene meno la futura utilità dei fattori i cui costi erano sospesi;
- quando l’associazione al processo produttivo o la ripartizione delle utilità su base razionale e sistematica non siano di sostanziale rilevanza.
Ora, negli enti non profit, è normalmente assente una correlazione dei proventi con le attività di carattere istituzionale svolte secondo una logica sinallagamatica.
Ad esempio donazioni, contributi ed altri proventi di natura non corrispettiva, devono essere iscritti nel rendiconto della gestione dell’esercizio in cui questi sono riscossi ovvero nell’esercizio in cui il titolo alla riscossione ha carattere giuridico.
Se tuttavia è ravvisabile anche un diverso tipo di correlazione tra proventi comunque di natura non corrispettiva (donazioni e contributi), rispetto alle specifiche attività poste in essere dall’ente, tali proventi possono essere correlati con gli oneri dell’esercizio.
Tal correlazione può realizzarsi per associazione di causa-effetti, o per associazione in base al tempo, o per correlazione alle attività svolte.
Il principio di cassa.
Nonostante l’assunzione del principio contabile n° 1, che il criterio di competenza costituisca per gli enti non profit, la tecnica di rilevazione più adatta, il medesimo principio contabile ritiene comunque ammissibile, in certi casi, l’adozione del criterio di cassa e cioè del sistema di rilevazione articolato sulle entrate e le uscite dei conti finanziari, ovverosia dei flussi rappresentativi degli effettivi introiti ed esborsi che l’ente ha effettuato nel corso dell’esercizio, che si sostanziano in un incremento o in un decremento della cassa e dei depositi a vista a disposizione dell’ente.
L’utilizzo del criterio di cassa in alternativa a quello di competenza, è previsto, malgrado non sia ritenuto il criterio più consono, per venire incontro alle difficoltà che certi enti possono incontrare nell’applicare il criterio di competenza.
Si tratta degli enti definiti di “minori dimensioni” e “contraddistinti da strutture amministrative normalmente esigue”.
Il principio contabile non indica con precisione quali sono gli enti che possono redigere il bilancio con il criterio di cassa, ma fornisce solo gli elementi di giudizio ai quali dovrà riferirsi il redattore del bilancio per valutare l’applicabilità di tale criterio alternativo.
Le informazioni che si ricavano dalle indicazioni di cornice del principio contabile, consentono solo di circoscrivere l’applicazione del criterio di cassa agli enti di modesta entità e sprovvisti di organizzazione amministrativa, senza alcun riferimento quantitativo ai ricavi o ad altri elementi economici o patrimoniali; del resto è del tutto evidente che per molti piccoli enti non profit, magari composti da un limitato numero di soci che hanno un interesse comune (sportivo, ricreativo, etc.), sarà certo del tutto irrilevante la scelta del sistema di rilevazione contabile e di redazione del bilancio, dato che ciò non avrà mai, verosimilmente, alcun effetto sulle scelte e sulle strategie dell’ente stesso.
In ogni caso, il principio contabile, consapevole che le diversità esistenti fra i due sistemi di rendicontazione (competenza e per cassa), possono condurre a risultati assai difformi fra loro ed a maturare conclusioni a volte fuorvianti, raccomanda di adottare il criterio di competenza ogni qualvolta che ciò sia possibile, dato che, come già precisato, tale criterio è ritenuto quello che consente una rendicontazione maggiormente veritiera e corretta della situazione dell’ente.
Gli enunciati del principio contabile, caricano quindi di una considerevole responsabilità il redattore del bilancio, il quale dovrà, nel caso intenda formare il bilancio applicando il criterio di cassa e non quello della competenza economica, innanzitutto compiere un’attenta verifica della dimensione e della strutturazione dell’ente, al fine di stabilire la sussistenza dei requisiti di accesso alla semplificazione. E’ pur vero che prendendo spunto da alcuni richiami ad altri precedenti contributi contenuti nel principio contabile, è possibile un’altra impostazione interpretativa, giungendo a concludere che una misura spartiacque fra i soggetti tenuti all’adozione del criterio di competenza e quelli che possono adottare quello di cassa, ci sarebbe.
Questa impostazione, parte dall’assunto che il principio contabile, nella sua premessa, richiama, quanto agli schemi di bilancio, l’atto di indirizzo dell’Agenzia delle Onlus elaborato in precedenza; ora, poiché in tale atto di indirizzo, l’utilizzo dello schema di bilancio per cassa denominato “rendiconto degli incassi, dei pagamenti e situazione patrimoniale”, era consentito agli enti che avevano conseguito proventi e ricavi di entità non superiore all’ammontare di € 250.000,00, ergo, tale riferimento numerico parrebbe applicarsi anche per la scelta del criterio da utilizzare per la mera formazione del bilancio.
Tale assunto sarebbe peraltro confermato anche da un cenno che il principio contabile fa esplicitamente del suddetto limite in una nota in calce alla trattazione.
Tuttavia tale impostazione non pare condivisibile ed i termini della questione sembrano doversi inquadrare diversamente.
L’atto di indirizzo dell’Agenzia delle Onlus risale all’anno 2009 ed era stato formato essenzialmente per definire gli schemi e non i criteri di redazione di bilancio (anche se qualche menzione a questi ultimi viene fatta). Il principio contabile n° 1, del maggio 2011, ha avuto invece la funzione di definire i principi ed i criteri di redazione del bilancio, del tutto trascurando la parte schematica dello stesso.
Il riferimento che il principio contabile fa all’atto di indirizzo dell’Agenzia delle Onlus, è preciso e non lascia adito a dubbi, rivolgendosi a tale atto di indirizzo solo ed esclusivamente per quanto attiene agli schemi di bilancio e nient’altro.
E nessun contributo apporta la menzione che il principio contabile fa dell’esistenza, alla data di redazione del principio stesso, del limite indicato dall’Agenzia delle Onlus di € 250.000,00, poiché tale limite è stato superato dall’avvento degli enunciati del principio contabile stesso.
E’ del resto evidente che non vi sarebbe stata altrimenti, alcuna necessità di fornire nuove indicazioni rispetto a quelle già rese dall’Agenzia delle Onlus per identificare gli enti facilitati; mentre infatti la suddetta Agenzia si è limitata a precisare che “i soggetti con ricavi annui inferiori a 250.000,00 euro………..” potevano redigere il bilancio utilizzando gli schemi di rendicontazione per cassa, il principio contabile ha fornito una vera e propria definizione di quegli enti che possono adottare il criterio di cassa e di conseguenza redigere il rendiconto con criteri finanziari, quelli di “minori dimensioni e contraddistinti da strutture amministrative normalmente esigue”.
Ne dovrebbe quindi conseguire che, con il varo del principio contabile n° 1, gli enti non profit, al fine della scelta sull’adozione del criterio di competenza o di cassa, devono essere considerati e soppesati esclusivamente in base agli enunciati del principio contabile stesso, a nulla rilevando i limiti quantitativi già previsti dall’atto di indirizzo per l’adozione degli schemi di bilancio.
In questa prospettiva, gli enti che potranno adottare il criterio di cassa, saranno quindi solo quelli di “minori dimensioni” e contraddistinti da “strutture amministrative esigue”; il redattore del bilancio dovrà quindi confrontarsi con tali parametri, senza poter disporre di alcun elemento di valutazione numerico.
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Una domanda: le quote associative versate dai soci di un’associazione culturale (no lucro, no onlus) già nel 2023 ma per l’anno 2024, possono essere imputate per competenza ? Grazie