La legge delega di riforma del Terzo settore ha operato un’ampia revisione della disciplina civilistica e fiscale dell’impresa sociale, nell’ottica di incentivarne la diffusione. Lo scarso “successo” di questa tipologia di impresa, nel vigore della precedente disciplina, veniva riferito soprattutto al fatto che divenire un’impresa sociale da un lato comportava importanti vincoli sulla distribuzione degli utili, dall’altro non riconosceva uno specifico regime fiscale. Infatti, ogni ente che adottava la qualifica di impresa sociale continuava ad applicare i modelli impositivi operanti con riferimento alla propria “veste” giuridica.
Il legislatore delegato, in attuazione dei principi direttivi indicati dalla delega per la riforma del Terzo settore, ha incentivato la diffusione di questo modello di impresa prevedendo forme di detassazione degli utili (quando destinati a specifiche finalità), introducendo la possibilità di accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici (in analogia a quanto previsto per le start-up innovative) e adottato misure agevolative volte a favorire gli investimenti di capitale.
Il quadro normativo tracciato dal legislatore delegato con il D.Lgs. n. 112 del 2017 è stato recentemente modificato dal D.Lgs. n. 95 del 2018 entrato in vigore l’11 agosto u.s. e in capo alle imprese sociali già costituite incombe l’obbligo di adeguamento alle nuove disposizioni recate dal cennato Decreto n. 112 entro il 20 gennaio 2019.
L’attualità della materia ha quindi suggerito l’opportunità di approfondire, in un primo documento di ricerca, la nuova disciplina fiscale applicabile a quegli enti che assumono la qualifica di impresa sociale, così come alle cooperative sociali che, “a regime”, diverranno imprese sociali di diritto. Fermo restando che l’efficacia delle disposizioni, che ci si appresta ad esaminare è subordinata all’intervento dell’autorizzazione della Commissione europea, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di Aiuti di Stato.
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